18 giugno 2025

Deus ludens: da Guardini a Prevost passando per Ratzinger


La Nuova BQ - È un'immagine inedita ma non troppo quella di un Dio che gioca, usata domenica scorsa da Leone XIV: non troppo perché risalente addirittura ai primi secoli dell'era cristiana. Celebrando domenica scorsa il Giubileo dello Sport nella solennità della Santissima Trinità il Papa se ne è servito per spiegare «perché lo sport può aiutarci a incontrare Dio Trinità», paragonando l'attività sportiva al dinamismo trinitario da cui «sgorga la vita.

Noi siamo stati creati da un Dio che si compiace e gioisce nel donare l’esistenza alle sue creature, che “gioca”, come ci ha ricordato la prima Lettura (cfr Pr 8,30-31). Alcuni Padri della Chiesa parlano addirittura, arditamente, di un Deus ludens, di un Dio che si diverte».

L'espressione Deus ludens spalanca la porta a una ulteriore associazione mentale: il concetto di liturgia "come gioco", sia perché dotata di regole sia perché aperta a un mondo "altro" e a un altro fine che trascende quelli della vita di ogni giorno. Romano Guardini la definiva «il santo gioco che l'anima svolge dinanzi a Dio». 

Incomprensibile per «certe nature gravi e serie (...) che in ogni cosa vedono il compito morale e dovunque cercano il fine» e pertanto «si scandalizzano che la liturgia fissi con tanta minuziosità ciò che si deve compiere prima e ciò che deve avvenire dopo, se a destra o a sinistra, ad alta voce o piano» chiedendosi: «a che pro tutte quelle preghiere e cerimonie?». Ma la liturgia, così come l'arte, spiegava Guardini, «non può essere ridotta soltanto sotto l'angolo visuale della sola finalità pratica», poiché «ha la sua ragione d'essere non nell’uomo, ma in Dio». 

E come il gioco del bambino «appare sciocco solo a chi non avverte il suo significato o senso e sa vedere la giustificazione d'un atto soltanto negli scopi che se ne possono addurre», così la liturgia «ha cercato con cura infinita, con tutta la serietà del bambino e la coscienziosità rigorosa del vero artista, di dar espressione in mille forme alla vita dell’anima, vita santa alimentata da Dio, mirando a null'altro se non a che essa vi possa dimorare e vivere». Il fine c'è, ma è al di là di questo mondo: «la vita eterna non sarà che il compimento di questo gioco. E chi non comprende questo, potrà afferrare poi che il compimento celeste della nostra vita è "un cantico eterno di lode"? Non finirà costui per rientrare nella categoria delle persone attive, che trovano inutile e noiosa tale eternità?». [CONTINUA] 

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