17 dicembre 2025

In Cina la Chiesa di Roma finisce di nuovo sotto scacco. Eppure elogia chi la umilia


Sandro Magister (Diakonos) - Sulla Cina papa Leone ha detto di non avere fretta. A breve termine, ha precisato, si atterrà all’intesa segreta tra Roma e Pechino in vigore dal 2018, mentre a lungo termine deciderà dopo aver ascoltato un po’ tutti, compresi quei “cattolici cinesi che per molti anni hanno vissuto una sorta di oppressione o difficoltà nel vivere la propria fede liberamente e senza schierarsi”.

Intanto, però, il regime di Pechino infierisce, umiliando la Chiesa. E Roma subisce. Persino ossequiando i persecutori con dichiarazioni fuori misura.

È quanto è avvenuto con l’ultima nomina di un vescovo cinese, resa pubblica il 5 dicembre. Che è un duplicato della penultima, quella che fece titolare a Settimo Cielo : “Primo schiaffo della Cina a papa Leone. Che lo subisce in silenzio”.

Questo secondo schiaffo ha avuto anch’esso la sua genesi nell’interregno tra la morte di papa Francesco e l’elezione di Leone, quando, a fine aprile, trapelò la notizia che le autorità cinesi avevano fatto “eleggere” da assemblee ai loro comandi due vescovi per due cariche di rilievo.

A norma dell’accordo sarebbe toccato al nuovo papa dare corso o no a queste nomine. E infatti, il 15 ottobre, un comunicato della Santa Sede diede notizia che la prima delle due era stata accettata. E riguardava il nuovo ausiliare di Shanghai, Ignatius Wu Jianlin, in una diocesi che però due ausiliari li aveva già, ma invisi al regime e per questo duramente puniti : il primo, Joseph Xing Wenzi, costretto da tempo al ritiro e il secondo, Thaddeus Ma Daqin, ininterrottamente da tredici anni agli arresti.

Quanto alla seconda nomina, il silenzio è stato appunto rotto il 5 dicembre. Con la precisazione, nel comunicato vaticano, che Leone vi aveva dato corso il’11 agosto, cioè nello stesso giorno in cui aveva sottoscritto anche la nomina del nuovo ausiliare di Shanghai.

Contemporaneamente, come sempre, anche l’agenzia ufficiale della Chiesa cinese asservita al regime ha emesso il suo comunicato : senza nemmeno citare papa Leone, a cui solo spetterebbe ogni nomina, e retrodatando al fatidico 30 aprile, a prima del conclave, la “elezione” del nuovo vescovo. [CONTINUA]

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