Vincenzo Bertolone (Settimana News) - La formula di fede, deliberata dai vescovi nel 325 a Nicea sotto la presidenza di Costantino, che all’epoca ascoltava anche la sua signora,[1] non deve oggi apparire come il segno di una cavillosità linguistico-dottrinale dei custodi e difensori di quella che si andava sempre più configurando come la dottrina cristiana.
Già a partire dal II secolo d.C., infatti, con notevoli sviluppi proprio nel secolo quarto – il secolo di Nicea, ma soprattutto il secolo della cosiddetta controversia ariana – le prime voci originali della nuova religione si ritrovavano in ognuna delle parti più importanti dell’Impero romano, sia a Roma e nella sua sfera d’influenza, sia in Oriente, come ad Antiochia e a Nicea. Nicea era una città della Frigia ellespontica, sorta sulla riva orientale del lago Ascania (oggi Iznik Gölü), nella località dell’odierna Iznik.
L’esigenza di coloro che successivamente, nel secolo quinto-sesto, saranno denominati dal vescovo Cesario di Arles patres ecclesiae, appare soprattutto quella di sottolineare la propria “differenza” religiosa rispetto ai tanti movimenti filosofici, gnostici, manichei, montanisti che percorrevano, e talvolta laceravano, le Chiese particolari nei vari centri dell’impero romano, oppure rispetto a quelli del pensiero e della prassi religiosa senatoria che, a livello locale, incideva molto.
Una situazione, questa, che è analoga, più di quanto si pensi, a quella del nostro tempo, allorché non mancano trasformazioni culturali che offuscano la confessione di fede e la prassi cristiana della Chiesa, la quale continua comunque a proclamare Gesù unico e universale Salvatore.
Del resto, com’è stato osservato, anche «il Santo Padre Francesco, nel suo Magistero ordinario, fa spesso riferimento a due tendenze che assomigliano, in alcuni aspetti, a due antiche eresie, il pelagianesimo e lo gnosticismo, anche se è grande la differenza tra il contenuto storico odierno secolarizzato e quello dei primi secoli cristiani». [CONTINUA]
non deve oggi apparire come il segno di una cavillosità linguistico-dottrinale dei custodi e difensori di quella che si andava sempre più configurando come la dottrina cristiana. dice molto bene. Nei convegni italiani che ho ascoltato ultimamente c'è un imbarazzo strano a spiegare un concilio che è un punto di arrivo di due secoli di discussioni. Nessuno nota che le provvisorie acquisizioni di <nicea sono una fede che sintetizza le ricchezze di scoperte talora unilaterali del mistero di Gesù
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