Andrea Gagliarducci (AciStampa) - Si è ancora alle prime battute del Sinodo, i circoli sono stati presentati, e si guarda con speranza al dibattito sinodale. E c’è, ovviamente, molta discussione, alcune pressioni mediatiche. Ma questo, secondo il Cardinale Cristobal Lopez, arcivescovo di Rabat, non può che essere un bene, perché “è meglio che ci siano problemi e che sorgano problemi perché si possano affrontare”.
L’obiettivo, ora, è far capire bene cosa sia il Sinodo, quale è il cambiamento del cammino che si richiede alla Chiesa universale. Se le relazioni dei gruppi di lavoro su alcuni temi specifici hanno mostrato come i vescovi siano prudenti e “tradizionali” – se questo è un termine corretto – sulle questioni dottrinali, allo stesso tempo si deve comprendere quale sia il valore di una assemblea che si trova, in qualche modo, svuotata di alcuni dei grandi temi, anche se una nota del Cardinale Jean-Claude Hollerich, segretario generale del Sinodo, ha sottolineato e ribadito che il lavoro dei dieci sottogruppi è parte inclusiva del processo sinodale.
Sullo sfondo, però, questi temi si discutono, eccome. Per esempio al Sinodo della Chiesa tedesca. Ma il Cardinale Lopez si dice fiducioso che il sinodo della Chiesa in Germania – di cui, però, spiega di non conoscere i dettagli – si adeguerà al cammino chiesto dal Papa e della Chiesa universale, e in fondo questo significa camminare insieme, e “tradizionalmente i sinodi prendono validità quando le autorità lo riconoscono. In questo senso si va avanti e si va indietro. Dobbiamo essere pazienti, e si deve comprendere che si va lenti, a volte si accelera il passo, e il processo potrebbe generare sofferenza, e momenti di oscurità e difficoltà”.
E sì, forse è nella natura stessa del Sinodo fare dei passi indietro dopo aver fatto diversi passi avanti. Ma se c’è un dato che viene fuori evidente dall’inizio dei lavori sinodali è che, al momento, non si parla assolutamente di una rivoluzione nella Chiesa. Non ci sono cambiamenti dottrinali. Non c’è una diminuzione del ruolo del vescovo. Non c’è rivoluzione nemmeno sulla questione del diaconato femminile. [CONTINUA]
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