Luciano Moia (Avvenire) - No ai farmaci come la triptorelina, no agli ormoni. Sì alla “vigile attesa”. Che vuol dire prudenza, rispetto e cautela nei confronti dei ragazzi alle prese con i problemi dell’identità di genere. Anzi delle ragazze, visto che sono loro, nel 75 per cento dei casi, le vittime di questa nuova emergenza esistenziale. È l’appello, straziante per il dolore e la partecipazione emotiva che lo pervade, che arriva dai genitori di “GenerAzione D”, un centinaio di famiglie, che si sono messe insieme per scambiare esperienze, riferimenti, consigli lungo un percorso difficile e per certi versi perfino sconvolgente come quello dell’incongruenza di genere dei loro figli.
Nel lungo e complesso dibattito di questi giorni, che ha visto gli ispettori del ministero all’ospedale Careggi di Firenze per verificare il corretto uso del farmaco che blocca la pubertà, i genitori chiedono di essere ascoltati e di lasciare da parte il carico ideologico di un confronto che non dovrebbe avere come obiettivo l’affermazione di un principio o la rivendicazione di diritti – che loro non si sognano neppure di contestare - ma solo il bene delle ragazze e dei ragazzi. [CONTINUA]
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