Corriere sella Sera - Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, è tornato tre giorni fa dal Burkina Faso, un viaggio per incontrare la comunità cristiana e sostenere gli sforzi di pace in un Paese che da anni è afflitto da attacchi terroristici e violenze di gruppi armati.
Mentre Francesco è ricoverato al Gemelli, si torna a parlare di dimissioni del Papa. Che ne dice, eminenza?
«Mi sembrano tutte inutili speculazioni. Ora stiamo pensando alla salute del Santo Padre, alla sua ripresa, al suo ritorno in Vaticano: queste sono le uniche cose che contano».
È andato a trovare Francesco al policlinico?
«Gli ho fatto sapere che sono disponibile a incontrarlo, se lo ritiene necessario, ma finora non c’è stato bisogno. Al riguardo, è meglio che resti protetto e abbia meno visite possibile, per poter riposare e così rendere più efficaci le terapie a cui è sottoposto. Grazie a Dio, le notizie che arrivano dal Gemelli sono incoraggianti, si sta riprendendo. Gli sono state mandate delle pratiche d’ufficio e ciò significa che procede bene».
In questi giorni si sono diffuse notizie false e allarmi, si torna a parlare di «corvi» intorno al Vaticano. Avverte un clima particolare?
«Sinceramente, devo dire che non conosco se ci sono manovre del genere e cerco, in ogni caso, di restarne fuori. D’altra parte, penso sia abbastanza normale che in queste situazioni si possano diffondere voci incontrollate o venga pronunciato qualche commento fuori luogo: non è certo la prima volta che accade. Non credo però che ci sia alcun movimento particolare, e finora non ho sentito niente del genere».
Intanto il mondo vive un momento difficile. Più volte lei ha sostenuto la necessità del multilateralismo, sempre più in crisi. Ora sembrano cambiare anche gli equilibri nati dopo la Seconda guerra mondiale, invece della ricerca di dialogo tra le nazioni sembra affermarsi la legge del più forte, è così?
«Purtroppo, per certi versi, è così e temo che andremo in quella direzione, perché i sintomi sono quelli. La Santa Sede ha sempre proposto il multilateralismo come metodo di soluzione dei problemi all’interno della comunità internazionale e continua a farlo, ma sembra che sempre meno lo si adotti perché, come lei dice, si preferisce ispirarsi alla legge del più forte».
In Ucraina come a Gaza e altrove, lei ha messo in guardia da «imposizioni unilaterali».
In che senso?
«Nel senso che la pace autentica e giusta nasce dal coinvolgimento di tutte le parti in causa. Bisogna che tutti vengano coinvolti e siano disposti a negoziare per arrivare ad accordi mutuamente accettati. Altrimenti la pace non sarà mai stabile e duratura e il mondo diventerà una giungla nella quale aumenteranno i conflitti, con le loro terribili conseguenze di distruzione e di morte».
In base alla sua esperienza diplomatica, come si può agire?
«Si deve continuare a operare. Mi rifaccio all’immagine della semina: si semina e prima o poi i semi, almeno in parte, germoglieranno. Anche se sembra che l’inverno non debba mai finire, arriverà la primavera. In quest’anno giubilare noi cristiani mai possiamo dimenticare la speranza e i segni di essa. Non tutti si arrendono alla logica della guerra e del riarmo, alla logica della sopraffazione e della violenza. Dobbiamo guardare a chi si impegna per la pace e a chi, nonostante tutto, continua a promuovere il dialogo, la comprensione reciproca, la fraternità». [CONTINUA]
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