Pietro de Leo (Il Tempo) - Due giorni prima della messa esequiale per Aldo Moro a San Giovanni in Laterano, a cui non partecipò la famiglia del Presidente Dc assassinato dalle Br ma solo gli attori istituzionali, un sedicente brigatista telefonò al direttore dell’ “Osservatore Romano” per annunciare un attentato durante la funzione.
Nonostante questo clima di tensione e di minaccia, Paolo VI decise comunque di presenziare, e rinunciò all’elicottero che il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti gli aveva messo a disposizione per rafforzarne la protezione. Nei mesi immediatamente precedenti alla sua morte, Giovanni Paolo II, pur fiaccato dalla malattia, profuse un impegno molto intenso per l’inserimento delle radici cristiane nella Costituzione Europea (che non vide mai la luce).
Attraverso un “alto esponente politico italiano”, il Papa poi divenuto Santo recapitò una lettera in proposito a Valéry Giscard d’Estaign, presidente della Convenzione europea che lavorava al testo. “Se la può tenere in tasca”, disse sprezzante il politico francese al mediatore, e quando Giovanni Paolo II lo seppe ne ebbe sofferenza.
Aneddoti, analisi e passaggi d’epoca. C’è tutto questo in “Linea segreta. I retroscena tra Stato e Vaticano”, saggio di Antonio Preziosi uscito per edizioni San Paolo (318 pagine, 20 euro).
Un volume che attraversa quasi ottant’anni di rapporti tra Italia e Santa Sede, da Alcide De Gasperi a Giorgia Meloni. Passando per i Presidenti della Repubblica. Preziosi, direttore del Tg2, consultore del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, studioso di questioni religiose e vaticane (autore di saggi come “Il papa doveva morire”, sull’attentato a Giovanni Paolo II e “Il sorriso del papa”, su Giovanni Paolo I) affronta questo percorso storico con lo scrupolo della ricerca e la limpidezza della prosa da giornalista. Un compito senz’altro non facile, considerando le asperità della storia che ci riporta a numerosi momenti di passaggio nei rapporti tra Stato e Chiesa. Eccone alcuni. Il referendum abrogativo sul divorzio, 12 maggio 1974, definito da Preziosi un “terremoto”, vide la vittoria dei no sui sì per 60 e 40. Un esito perentorio, preceduto da una durissima campagna referendaria che aveva aperto fronti interni anche nella stessa Chiesa (viene ricordato, a tal proposito, il ritiro dell’assistente diocesano dalla Fuci di Venezia perché sia lui che la comunità giovanile, attraverso un documento, avevano preso posizione in favore della laicità dello Stato).
Ebbene, quella vittoria del no segnò un momento di grande freddezza tra la Santa Sede e la Democrazia Cristiana, con un convegno promosso dal Vicariato di Roma che si trasformò in una sorta di atto d’accusa per la classe dirigente democristiana. Il partito istituzione, superato l’altro momento di drammatica frattura storica sancito dal rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, rimase sponda di qua del Tevere fino al 1992. Lì, si segnò la fine dell’unità politica dei cattolici. Inizia l’era Berlusconi. [CONTINUA]
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