21 marzo 2024

L’autobiografia di Papa Francesco: «C’è chi in Vaticano sperava che morissi. Ratzinger usato contro di me.


Aldo Cazzullo (Corriere della Sera)
- Ecco l’attesissima autobiografia del Papa. Si intitola «Life. La mia storia nella Storia», uscirà in America e in Europa con HarperCollins. L’ha scritta papa Francesco con Fabio Marchese Ragona, vaticanista Mediaset e suo amico personale. È il racconto di ottantotto anni di vita di Jorge Mario Bergoglio, intrecciati alle grandi vicende della storia, da Hiroshima alla pandemia. Il Corriere della Sera è il primo quotidiano al mondo a poterne anticipare i passi salienti.

«Nonna Rosa, la mia nonna paterna, è stata una figura fondamentale per la mia formazione. I nonni parlavano piemontese; per questo il piemontese è stata la mia prima lingua madre». Nonno Giovanni aveva fatto la prima guerra mondiale. Nelle lettere dei parenti rimasti a Portacomaro, nell’Astigiano, arrivavano in casa Bergoglio a Buenos Aires le cronache della seconda guerra mondiale: gli uomini non erano andati al fronte, erano rimasti nei campi a lavorare, e le donne vigilavano sull’arrivo delle ispezioni militari: «Se avessero indossato qualcosa di rosso, gli uomini sarebbero dovuti scappare via per nascondersi. Indumenti bianchi invece segnalavano che non c’erano pattuglie e quindi si poteva continuare a lavorare».

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Giovanissimo capo dei gesuiti argentini, Bergoglio cade in disgrazia e viene mandato a Cordoba en destierro, in esilio per punizione. Sveglia alle quattro e mezza, preghiera, bagno in comune, una piccola cella, la numero 5. Si occupa dei confratelli ammalati, li lava, dorme al loro fianco, aiuta in lavanderia: «Mettersi al servizio dei più fragili, dei più poveri, degli ultimi è ciò che ogni uomo di Dio, soprattutto se sta ai vertici della Chiesa, dovrebbe fare: essere pastori con addosso l’odore delle pecore». Un giorno si offre di cucinare per il matrimonio della nipote di Ricardo, il tuttofare del convento: fa bollire la carne in due pentoloni, pela le patate, prepara un timballo di riso. Alcuni gesuiti mormorano: «Bergoglio è pazzo». In realtà, Bergoglio riflette sugli errori «commessi per via del mio atteggiamento autoritario, tanto da esser stato accusato di essere ultraconservatore. Fu un periodo di purificazione. Ero molto chiuso in me stesso, un po’ depresso».

Finita la punizione, comincia l’ascesa: vescovo ausiliare di Buenos Aires, arcivescovo, cardinale. Quando Papa Benedetto si dimette, Bergoglio è convocato con gli altri a Roma. Ratzinger incontra i cardinali e promette «incondizionata reverenza e obbedienza al nuovo Papa che sarebbe stato eletto in conclave, e che era tra noi. 

Mi ha invece addolorato vedere, negli anni, come la sua figura di Papa emerito sia stata strumentalizzata con scopi ideologici e politici da gente senza scrupoli che, non avendo accettato la sua rinuncia, ha pensato al proprio tornaconto e al proprio orticello da coltivare, sottovalutando la drammatica possibilità di una frattura dentro la Chiesa».

Per evitare questa deriva, Francesco va subito a trovare Benedetto a Castel Gandolfo. «Decidemmo insieme che sarebbe stato meglio che non vivesse nel nascondimento, come aveva inizialmente ipotizzato, ma che vedesse gente e partecipasse alla vita della Chiesa. Purtroppo servì a poco, perché le polemiche in dieci anni non son mancate e hanno fatto male a entrambi»

[CONTINUA]




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