08 luglio 2025

“Un giovane in ginocchio e la teologia del nulla: una risposta ad Andrea Grillo”


Investigatore Biblico- Il Teologo Andrea Grillo ha scritto un intervento severo sulla figura di Carlo Acutis (Il giovane Carlo Acutis e la maleducazione eucaristica), soffermandosi in particolare sull’interpretazione eucaristica proposta attraverso la mostra dei miracoli eucaristici, da lui realizzata in giovane età. È un testo che merita una risposta non tanto per difendere la santità del giovane — che non ha bisogno di difensori — quanto per correggere una prospettiva teologica che rischia di cadere in un paradossale intellettualismo: quello che riconosce la centralità dell’Eucaristia solo a patto che venga comunicata in un linguaggio conforme a determinati parametri accademici, mentre si dimentica che la verità non si lascia rinchiudere nei registri del linguaggio colto, ma si rivela nella libertà dello Spirito.

Carlo Acutis è stato un ragazzo. E la Chiesa lo ha riconosciuto beato non per la sua sistematica teologica, ma per la coerenza con cui ha vissuto il Vangelo, per l’amore che ha portato all’Eucaristia, per la carità che ha saputo esercitare nel silenzio, per la capacità — rara, nel nostro tempo — di orientare la sua vita interamente a Dio. È legittimo chiedersi quale immagine di Eucaristia egli abbia trasmesso e se essa fosse perfettamente armonizzata con le acquisizioni teologiche postconciliari. Ma è anche legittimo domandarsi, in modo altrettanto onesto: quale annuncio poteva parlare davvero al cuore di un giovane del nostro tempo?

Siamo in un’epoca in cui intere generazioni vivono la propria adolescenza e giovinezza senza mai avvertire il bisogno di varcare la soglia di una chiesa. La solitudine abita le stanze dei ragazzi. L’angoscia, la dipendenza, la violenza, la noia e l’assenza di senso segnano i volti e i corpi di milioni di giovani che non trovano adulti capaci di risposte. Davanti a questo scenario, il fatto che un ragazzo abbia scoperto, nell’Eucaristia, la fonte di una Presenza viva, concreta, reale, che ha cambiato la sua vita, dovrebbe essere accolto con gratitudine e non con sospetto. E se questa scoperta è passata anche attraverso il segno, lo stupore, persino la ricerca di ciò che per altri è devoto o ingenuo, ciò non sminuisce l’autenticità della sua esperienza.

Gesù stesso ha accolto la fede semplice di chi cercava un segno. Ai discepoli di Emmaus ha parlato nel gesto del pane spezzato, non in un trattato. A Tommaso ha offerto le sue piaghe. Ha dato da mangiare a folle che non capivano, e ha detto: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo” (Gv 6,51). Il cammino della fede non inizia sempre dalla piena comprensione, ma da un incontro. E l’incontro, per Carlo, è avvenuto proprio lì: davanti all’altare, davanti all’ostensorio, davanti a quella Presenza che lo affascinava e che voleva condividere.

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