Ermes Dovico (La Nuova BQ) - Grazie al via libera concesso da papa Francesco, lunedì 24 febbraio, al Dicastero delle Cause dei Santi, la strada verso la canonizzazione del beato Bartolo Longo (1841-1926) è ormai spianata. Come informa il sito dello stesso Dicastero, nell’iter speciale intrapreso per il fondatore del santuario della Madonna di Pompei, si è chiesta la dispensa dal riconoscimento formale del miracolo ordinariamente necessario per la canonizzazione, in ragione della continuità ed espansione del culto tributato al beato, dell’attestazione – in varie parti del mondo – di grazie e favori attribuiti alla sua intercessione e ancora per «la forza trainante del suo esempio». Una forza trainante che si spiega con il profondo connubio – tipico dei santi – tra fede e opere di carità che il beato Bartolo Longo incarnò nella sua vita, nonché con la storia della sua straordinaria conversione. La quale è un serio promemoria del combattimento spirituale a cui partecipiamo quaggiù – spesso senza rendercene conto, anche perché immersi in società dimentiche di Dio – e da cui dipende il nostro destino eterno.
Nato il 10 febbraio 1841 a Latiano (provincia di Brindisi), Bartolo era stato educato nella fede cattolica. Ma negli anni degli studi in giurisprudenza a Napoli si era fatto traviare dal forte clima anticlericale e positivista dell’epoca, che era particolarmente diffuso in ambito universitario. Tra i prodotti di questo clima c’era un famoso saggio del filosofo francese Ernest Renan (Vie de Jésus, "Vita di Gesù", pubblicata nel 1863 e tradotta quello stesso anno in italiano), che negava la divinità di Gesù e ogni suo miracolo. Anche Bartolo lesse quell’opera, che contribuì, insieme alle lezioni universitarie di alcuni docenti apertamente ostili al cattolicesimo, ad allontanarlo dalla fede. Per circa cinque anni si fece coinvolgere in pratiche e incontri legati allo spiritismo e a un certo punto, per un anno e mezzo, fu addirittura “sacerdote” satanista.
Caduto in quell’abisso di peccato, interiormente devastato, Bartolo ebbe la forza di confidarsi con un suo devoto compaesano, il professor Vincenzo Pepe, che non solo lo ammonì fraternamente ma lo indirizzò a mettersi sotto la guida spirituale di padre Alberto Maria Radente (1817-1885), un domenicano. E da qui, provvidenzialmente, iniziò la rinascita spirituale di un uomo che è divenuto uno dei più grandi apostoli del Rosario nella storia della Chiesa, autore di libri e pratiche devozionali (dalla Novena alla Supplica alla Madonna di Pompei), fautore della moderna Pompei, sviluppatasi attorno al santuario da lui fondato, con opere sociali a favore di bambini, poveri ed emarginati che testimoniano la forza dirompente di ciò che significa mettersi alla sequela di Gesù e confidare nell’aiuto materno di Maria.
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