Aldo Buonaiuto (Interris) - “Tutta l’oscurità del mondo non può spegnere la luce di una singola candela“. La massima del Poverello di Assisi svela il senso profondo della santità. Non serve indulgere al devozionismo né fuggire in astrazioni “new age”, basta prendere in mano il Vangelo laddove, alla folla radunata su una collina del lago di Galilea, Gesù indica la strada per raggiungere la beatitudine. “I santi ci hanno preceduto nella patria celeste, ci accompagnano nel nostro pellegrinaggio terreno, ci incoraggiano ad andare avanti”, spiega Francesco. L’opposto della santità è la malvagità di coloro che “seminano zizzania, che cercano sempre le occasioni per imbrogliare, per approfittare degli altri”.
I santi, secondo il Papa, sono “artigiani di riconciliazione“. Da loro impariamo ad essere persone semplici e umili attraverso “la grazia di saper piangere, lavorare per la giustizia e la pace, lasciarci perdonare da Dio per diventare strumenti della sua misericordia”.
Significativamente sono numerose le definizioni che Francesco dà della misericordia, sottolineando che essa non è affatto un segno di debolezza, ma piuttosto la qualità dell’onnipotenza di Dio.
E’ la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre, nonostante il limite del peccato. E’ la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona. Architrave che sorregge la vita della Chiesa. Ideale di vita e criterio di credibilità per la nostra fede. Il Servo di Dio don Oreste Benzi raccomandava di ispirarsi ai santi quando “ci ritroviamo avvolti dalla nube dell’incertezza e dello spavento”. La santità, quindi, come appello a dedicare la vita a Cristo. “Nella notte più oscura sorgono i santi più grandi”, diceva Santa Teresa Benedetta della Croce. Essere santi non è un privilegio di pochi ma una vocazione per tutti. E così l’esortazione apostolica “Gaudete et exsultate” ci apre gli occhi su ciò che realmente festeggiamo oggi nella solenne ricorrenza di Ognissanti. [CONTINUA]
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