23 luglio 2024

Nessuna stretta sulla Messa in Latino. Ma continua la faida tra "falchi" e "colombe"


Nico Spuntoni (Il Giornale) - Pericolo scampato, almeno per il momento. I cosiddetti tradizionalisti hanno tirato un sospiro di sollievo alla mezzanotte e un minuto di mercoledì scorso, quando hanno avuto la certezza che la Santa Sede non avrebbe pubblicato il documento con cui vietare drasticamente le celebrazioni in rito antico. Il 16 luglio, infatti, veniva considerato il giorno X per l'uscita delle nuove restrizioni alla cosiddetta messa in latino. Non un giorno a caso: esattamente tre anni prima Francesco aveva firmato Traditionis custodes, il motu proprio che ha abrogato la liberalizzazione concessa nel 2007 da Benedetto XVI con Summorum Pontificum.

I nemici della messa in latino

Dall'uscita di Traditionis custodes si è aperta una stagione di ulteriore divisione nella Chiesa che dovrebbe vedere, secondo molti rumors, un nuovo capitolo con l'entrata in vigore di una stretta ancora più drastica. 

A guidare l'offensiva è il dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti guidato dal cardinale britannico Arthur Roche, supportato dal segretario monsignor Vittorio Francesco Viola. Fonti vaticane riferiscono che sono loro due - in questa fase più il secondo del primo - ad insistere per estendere il divieto alle celebrazioni in Vetus Ordo. 

Traditionis custodes, d'altro lato, arrivò poco più di un mese dopo il pensionamento del cardinale guineano Robert Sarah dal ruolo di prefetto. La promozione di Roche, già ostile alla cosiddetta messa in latino sin dai tempi del suo mandato nella diocesi di Leeds durante il quale diede un'interpretazione piuttosto limitante del Summorum Pontificum, ha aperto le porte ad una serie di documenti diretti - persino contraddittoriamente - a rendere più difficile la celebrazione in forma straordinaria. [CONTINUA]

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