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04 marzo 2024

Cantalamessa: La luce di Cristo illumina la ragione


Osservatore Romano - I dibattiti su fede e ragione, più esattamente «su ragione e rivelazione», sono affetti «da una dissimmetria radicale»: il credente condivide «la ragione con l’ateo; l’ateo non condivide la fede nella rivelazione con il credente». Lo ha sottolineato il cardinale Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, durante la seconda predica di Quaresima, tenutasi nell’Aula Paolo vi questa mattina, 1° marzo.

Approfondendo il tema della riflessione, tratto dal Vangelo di Giovanni — «Io sono la luce del mondo» — Cantalamessa ha osservato che, mentre il credente «parla il linguaggio dell’interlocutore ateo», quest’ultimo «non parla la lingua della controparte». Per questo, ha fatto notare, «il dibattito più giusto su fede e ragione è quello che avviene nella stessa persona, tra la propria fede e la propria ragione». Ci sono, ha ricordato, «casi famosi nella storia del pensiero umano di persone in cui non si può dubitare di un’identica passione sia per la ragione che per la fede»: tra questi, Agostino di Ippona, Tommaso d’Aquino, Blaise Pascal, Søren Kierkegaard, John Henry Newman.

La conclusione a cui ciascuno di questi personaggi è giunto è che «l’atto supremo della ragione umana è riconoscere che c’è qualcosa al di sopra di essa». È anche ciò che più «nobilita la ragione, perché indica la sua capacità di trascendersi». La fede non «si oppone alla ragione ma suppone la ragione», così come «la grazia suppone la natura».

Riflettendo sull’espressione «luce del mondo», il cardinale ha evidenziato che essa ha due significati fondamentali. Il primo è che Cristo «è la luce del mondo in quanto la sua è la suprema e definitiva rivelazione di Dio all’umanità». La novità consiste nel «fatto unico e irripetibile che il rivelatore è lui stesso la rivelazione». Cantalamessa ha ricordato che i profeti parlavano in terza persona: «Così dice il Signore!», mentre Gesù parla in prima persona: “Io vi dico!”. In Cristo «il mezzo di trasmissione è davvero il messaggio; il messaggero è il messaggio». [CONTINUA]

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