21 dicembre 2023

Roberto de Mattei: Con FS il Dicastero per la Dottrina della Fede "benedice" il peccato contro natura

Per comprendere le origini di quanto è accaduto bisogna risalire ai primi anni Settanta del Novecento, quando, sull’onda della Rivoluzione del Sessantotto, ma anche della “nuova morale” postconciliare, iniziarono a diffondersi nella Chiesa forme di “apertura” alle relazioni omosessuali. Secondo la dottrina tradizionale, l’atto sessuale è in sé stesso, per sua natura, ordinato alla procreazione ed è buono solo se avviene all’interno del matrimonio, senza essere distolto dal suo fine. Invece, per i nuovi teologi, l’atto sessuale è sempre buono, perché costituisce il momento più intimo ed intenso dell’amore umano, indipendentemente dal fatto che sia ordinato o no alla procreazione, che si svolga o no all’interno del matrimonio e che coinvolga uomini e donne di differente o dello stesso sesso.

Contro questi errori la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicò il 29 dicembre 1975 la dichiarazione Persona Humanafirmata dal Prefetto, cardinale Seper, che affermava, tra l’altro: «Secondo l’ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile. Esse sono condannate nella sacra Scrittura come gravi depravazioni e presentate, anzi, come la funesta conseguenza di un rifiuto di Dio. Questo giudizio della Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di questa anomalia, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati e che, in nessun caso, possono ricevere una qualche approvazione».

Il Catechismo della Chiesa cattolica, pubblicato nel 1992, affermava a sua volta, al n. 2357: «Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati».

Dello pseudo “matrimonio omosessuale”, si cominciò a parlare solo a partire dagli anni Novanta del Novecento, soprattutto dopo che il Parlamento europeo, con una sua risoluzione dell’8 febbraio 1994, invitò gli Stati membri dell’Unione «ad aprire alle coppie omosessuali tutti gli istituti giuridici a disposizione di quelli eterosessuali». Nell’Angelus del 20 febbraio 1994, Giovanni Paolo II condannò esplicitamente la risoluzione europea, affermando che «non è moralmente ammissibile l’approvazione giuridica della pratica omosessuale. Essere comprensivi verso chi pecca, verso chi non è in grado di liberarsi da questa tendenza, non equivale, infatti, a sminuire le esigenze della norma morale (cfr. Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, 95)» (Angelus del 20 febbraio 1994).

Questa posizione è rimasta sostanzialmente immutata ma, soprattutto a partire dal Sinodo dei vescovi tedeschi apertosi nel 2020, sono cominciate a diffondersi le richieste di “benedizione” di “coppie” omosessuali. Il 15 marzo 2021, l’allora Congregazione (oggi Dicastero) per la Dottrina della Fede, presieduta dal cardinale Luis F. Ladaria ha pubblicato un Responsum nel quale rispondeva al dubbio se la Chiesa disponesse del potere di impartire la benedizione alle unioni di persone dello stesso sesso. Il Dicastero vaticano rispondeva negativamente, spiegando che, essendo le benedizioni dei sacramentali, esse richiedono che «ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore. Sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni».

Fin dalle origini la Chiesa, facendo eco alla maledizione delle Sacre Scritture (Gen. 18, 20; 19, 12-13, 24-28; Lev. 12, 22 e 29; Is. 3, 9; 1 Tim. 1, 9-10; 1 Cor. 6, 9-10) ha condannato il peccato contro natura per bocca dei Padri e Dottori della Chiesa, dei santi, dei Papi, dei Concili e del Diritto canonico. La dichiarazione Fiducia supplicans del Dicastero della Dottrina della Fede,stravolge questo Magistero.Il documento si apre con una presentazione del Prefetto Fernandez, il quale spiega che la dichiarazione intende «offrire un contributo specifico e innovativo al significato pastorale delle benedizioni» permettendo «di ampliarne e arricchirne la comprensione classica»attraverso una riflessione teologica«basata sulla visione pastorale di Papa Francesco». I riferimenti del testo che segue sono sempre e solo all’insegnamento di papa Francesco, ignorando tutti precedenti pronunciamenti della Santa Sede, come se l’insegnamento della Chiesa cominciasse ex novo con lui.

Dopo i primi paragrafi (1-3), la dichiarazione dichiara «inammissibili riti e preghiere che possano creare confusione tra ciò che è costitutivo del matrimonio» e «ciò che lo contraddice», per evitare di riconoscere in qualunque modo «come matrimonio qualcosa che non lo è. La dottrina della Chiesa su questo punto resta ferma» (nn. 4-6).  Ma è proprio in questa precisazione che sta l’inganno e l’ipocrisia del documento, firmato dal cardinale Victor Manuel Fernández, e controfirmato ex audientia, da papa Francesco.

Il primo punto fuorviante è quello di affermare che le relazioni omosessuali non sono equiparate al matrimonio cristiano, evitando però di definirle atti intrinsecamente disordinati; il secondo punto è l’insistenza sulla distinzione tra benedizioni liturgiche ed extra-liturgiche, come se una benedizione extra-liturgica, fatta da un sacerdote, potesse rendere lecito ciò che è illecito benedire. Nel secondo capitolo del documento (nn. 7-30) si afferma che quando con un apposito rito liturgico «si invoca una benedizione su alcune relazioni umane», occorre che «ciò che viene benedetto sia in grado di corrispondere ai disegni di Dio iscritti nella Creazione» (11), ma se ci si muove «al di fuori di un quadro liturgico», la richiesta di benedizione va accolta e valorizzata, perché ci si trova «in un ambito di maggiore spontaneità e libertà» (n. 23). Ancora una volta si dà ad intendere che queste “relazioni umane” non siano in contraddizione con la legge naturale e divina.

Il terzo capitolo della dichiarazione (nn. 31-41) ammette dunque la «possibilità di benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso»(n. 31).Le rassicurazioni, puramente retoriche, secondo cui «non si devené promuovere né prevedere un rituale per le benedizioni di coppie in una situazione irregolare» (n.38) e che «questa benedizione mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi» (n. 39), continuano ad aggirare con deliberata ambiguità il punto di fondo dell’intrinseca immoralità delle relazioni omosessuali. Va sottolineato che il documento autorizza la benedizione non di un singolo fedele, che voglia liberarsi da una situazione irregolare, ma quella di una “coppia”, che nella condizione di peccato vive stabilmente, senza alcuna intenzione di liberarsene. Coppia, oltretutto, che tale non può essere definita, non trattandosi dell’unione naturale di un uomo e di una donna. Questa relazione peccaminosa viene oggettivamente benedetta.

Molto scandalo suscitò la frase di papa Francesco «Chi sono io per giudicare un gay?», pronunciata il 29 luglio 2013, sul volo di ritorno a Roma da Rio de Janeiro. Quella frase, pur rappresentando un chiaro messaggio mediatico, poteva essere minimizzata come una infelice boutade estemporanea. La Dichiarazione Fiducia supplicans è enormemente più grave, perché è una “dichiarazione” ufficiale, di cui il portale dell’informazione della Santa Sede Vatican News sottolinea la rilevanza, scrivendo che «era dall’agosto di 23 anni fa che l’ex Sant’Uffizio non pubblicava una dichiarazione (l’ultima fu nel 2000 Dominus Jesus), documento dall’alto valore dottrinale». Spetterà ai teologi e ai canonisti offrire una accurata valutazione di questo atto del Dicastero della Dottrina per la Fede. Per ora il semplice sensus fidei ci fa affermare che non è possibile avallare in alcun modo, e meno che mai con una “benedizione”, una relazione viziosa e immorale. Il sacerdote che impartisse tali benedizioni, o un vescovo che le approvasse, commetterebbe un peccato pubblico grave. E, duole dire, che un gravissimo peccato è stato commesso da chi ha promulgato e firmato questa scandalosa dichiarazione.

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