[Redazione] Il padre gesuita Antonio Spadaro torna a far parlare di sé. Anzi, è lui stesso a esporsi con un post su facebook in cui si scaglia contro la decisione del governo italiano di costruire un ponte.
Si tratta dell'annoso progetto di costruzione del ponte sullo stretto, destinato ad unire la Sicilia alla penisola italiana. Il ministro Salvini ha annunciato l'imminente inizio dei lavori di un progetto che, governo dopo governo, è stato al centro delle discussioni di diverse legislature.
Spadaro entra dunque nella discussione schierandosi contro il governo e contro la costruzione dell'importante infrastruttura. Sostiene infatti che questa deturperà il paesaggio e la "simbologia" dello stretto che provoca l'uomo ad andare oltre se stesso. È la metafora dell'alterità - afferma il gesuita - che non si può risanare artificiosamente.
«I progetti di ponte sullo stretto incarnano l'impulso a risanare artificiosamente lo strappo con una protesi impoetica che riduce l'alterità annullando il senso stesso dello stretto, cancellandone il simbolo», scrive poeticamente il gesuita.
«Da grande suggeritore del Pontefice a ultrà anti-ponti» titola il quotidiano La Verità. In effetti il gesuita, che Francesco ha voluto come direttore de La Civiltà Cattolica e sottosegretario al Dicastero per la Cultura, è stato uno dei protagonisti del pontificato di Bergoglio. Da molti considerato il più stretto collaboratore del Papa e interprete ufficiale dei passaggi più discussi e controversi del pontificato argentino.
E mentre uno dei mantra del pontificato di Francesco è stato il motto "costruire ponti e non muri", oggi il suo fidato amico, l'uomo che sussurrava al Papa (dal latino "pontifex", ponte) si scaglia ora con veemenza contro chi il ponte lo vuole costruire, contro colui che per lunghi anni è stato accusato di voler costruire muri e non ponti.
Infine padre Spadaro, prolifico scrittore, annuncia un nuovo libro: «sto scrivendo un libro sullo Stretto per il Touring Club Italiano. Qualunque idea, di qualsiasi orientamento, sarà gradita».
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