Corriere della Sera - L’episodio della chiamata allo scrittore Mario Palmaro nell'estratto del libro «Francesco. Il Papa della misericordia» scritto dal direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede.
Pubblichiamo un estratto dal libro in uscita il 27 maggio «Francesco. Il Papa della misericordia» (Piemme, pp. 192,€ 18,9o) del vaticanista Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede: un racconto inedito di Jorge Mario Bergoglio firmato da chi lo ha conosciuto profondamente come Papa e come uomo.
Com’è noto, una delle novità del pontificato di Jorge Mario Bergoglio sono state le frequentissime telefonate per farsi vicino a chi soffre. La maggior parte di queste chiamate sono destinate a rimanere custodite nel ricordo dei destinatari, ma più di qualcuna diviene pubblica e arriva a giornali e siti web, per volontà dei protagonisti. (…) Avevo chiesto a Francesco con quali criteri scegliesse di fare le telefonate alle persone che gli scrivevano. (…) Il Papa mi aveva telefonato spiegando: «Ricevo tante lettere. Quando ne vedo qualcuna che mi colpisce di più, la lascio lì sul tavolo, e poi la riprendo in mano. In alcuni casi vedo che devo chiamare, che è bene chiamare e lo faccio. Ogni quindici giorni, la domenica, chiamo un gruppo di amici in carcere a Buenos Aires, sono contenti, e sento che mi devo prendere cura di loro…». (…)
Custodisco anch’io, nel mio piccolo, decine di esempi (…). Di uno però vorrei parlare e lo faccio perché la notizia di questa telefonata è pubblica per volontà di colui che l’ha ricevuta. È quella che riguarda Mario Palmaro, scrittore, giornalista, docente di bioetica, che insieme al collega giornalista Alessandro Gnocchi ha mosso fin da subito delle critiche al pontificato di Francesco con una serie di articoli sul quotidiano Il Foglio (poi raccolti nel marzo 2014 nel libro Questo Papa piace troppo). Ammalatosi di cancro, stava vivendo gli ultimi mesi della sua esistenza.
Un amico mi telefona per informarmi dell’esito delle ultime analisi, che mostra l’avanzata inesorabile del male insieme all’impossibilità di tentare delle cure. E aggiunge: «Chiedi al Papa di pregare per lui». Queste parole mi colpiscono e decido di scrivere a Francesco parlandogli di Mario. Gli spiego chi è e quale sia al momento la sua condizione. Gli chiedo di pregare.
Venerdì 31 ottobre 2013, nel primo pomeriggio, il Papa mi telefona: «Scusa se ti disturbo, ho bisogno di un consiglio: Mario Palmaro si arrabbia se lo chiamo? Pensi che lo possa disturbare, viste le sue condizioni?». Gli rispondo: «Non penso che lo disturbi, ma mi informo». «Allora fammi sapere» mi dice. «Chiama qui a Santa Marta e lascia il messaggio, che io ti richiamo». Verifico con il mio amico, che è in contatto con la moglie di Mario. Nel tardo pomeriggio richiamo a Santa Marta. Alle 20:48 il Papa mi ritelefona. Gli dico che può chiamare Palmaro. «Non si arrabbierà?» mi chiede. «No, Padre, no…» gli assicuro. «Allora lo chiamerò, forse domani pomeriggio».
Il giorno dopo, 1° novembre, a metà pomeriggio, Francesco mi telefona, appena tornato dalla messa celebrata al cimitero del Verano. Gli dico che ho seguito l’omelia a braccio, e che era stata bellissima. «... Dopo quelle letture, lì al cimitero, non ce l’ho fatta a leggere il testo preparato... Ti volevo dire» aggiunge «che ho chiamato Mario Palmaro. Ha risposto la moglie, mi ha riconosciuto subito e mi ha passato lui. Faceva fatica a respirare
[CONTINUA]

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