Adam Smulevich (Pagine ebraiche) - Sconcerto e inquietudine nel mondo ebraico italiano per la scelta di papa Francesco di omaggiare in Vaticano un presepe proveniente da Betlemme in cui il bambin Gesù riposa in un drappo evocativo della kefiah palestinese. La “palestinizzazione” dell’ebreo Gesù non è una novità in ambito ecclesiastico. L’ultimo episodio assume però una tinta «particolarmente inquietante» perché il protagonista è il papa e perché si inserisce «in un momento in cui registriamo difficoltà su tanti fronti nelle relazioni», sostiene il rabbino capo di Genova Giuseppe Momigliano, assessore al culto dell’Ucei. Secondo Momigliano, rappresentare Gesù con la kefiah «è un altro passo per privarlo della sua identità storica di appartenenza» e ciò penalizza il Dialogo in primis «e non aiuta a fermare l’antisemitismo». Altra distorsione, incalza il rav, è caratterizzare la kefiah come un simbolo di sofferenza universale: «Rappresenta al limite la sofferenza solo di una parte, è unilaterale».
Si avvicina intanto una nuova edizione della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei (17 gennaio), quest’anno dedicata al Giubileo nelle due tradizioni religiose. «Come rabbini italiani, dovremo fare una riflessione su come approcciare al meglio questa giornata», dichiara Momigliano. «Il canale di dialogo con la Conferenza episcopale italiana resta aperto. Certo gli atteggiamenti assunti dal papa non contribuiscono. Sia quelli più espliciti, sia quelli più simbolici».
«Sconcerto» è il termine usato da Marco Cassuto Morselli, il presidente della Federazione delle Amicizie Ebraico-Cristiane in Italia. Cassuto Morselli è colpito perché «la riscoperta dell’ebraicità di Gesù è una delle grandi novità del dialogo ebraico-cristiano» degli ultimi anni. [CONTINUA]
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