Luisella Scrosati (La Nuova BQ) - Durante il Rinascimento i papi e in generale i pastori finirono per smarrire progressivamente la dimensione spirituale per adagiarsi troppo su quella mondana. Una situazione che causò freddezza nel popolo e una crescente contesa con il potere secolare.
Non tutti i papi rinascimentali furono dei viveurs. Terminato il pontificato di Alessandro VI, che regnò per undici anni, i cardinali elettori compresero che la Chiesa non poteva permettersi di proseguire con un pontefice altamente vizioso (vedi qui). Fu il cardinale Giuliano della Rovere (1443-1513), oppositore per eccellenza dei Borgia, e per questo finito in esilio per quasi tutta la durata del pontificato di Alessandro VI, a giocare un ruolo decisivo nel conclave che portò all'elezione di Francesco Nanni Todeschini Piccolomini (1439-1502), nipote del più noto Pio II, che prese il nome dello zio.
Ma il suo pontificato non durò neppure un mese. I cardinali designarono quindi direttamente Giuliano, artefice della sconfitta dei Borgia, che prese il nome di Giulio II.
Certamente inattaccabile dal punto di vista della sua vita morale, Giulio II aveva però il “vizio” della politica, con evidenti accenti bellici, tanto da passare alla storia come il “papa guerriero”. Il suo intento fu quello di restaurare il potere dello Stato pontificio nelle città di Bologna e Perugia, dove le signorie locali di fatto facevano ormai il bello e il cattivo tempo. E lo fece ovviamente manu militari. Poi architettò la famosa Lega di Cambrai, per far sloggiare i Veneziani da Rimini e Faenza, e la Lega Santa, per liberare l'Italia dalla presenza francese. La Battaglia di Ravenna si svolse nientemeno che nel giorno di Pasqua (11 aprile) del 1512 e fu una carneficina, perché per la prima volta vennero usati pezzi d'artiglieria. Decisamente un po' troppo per un pontefice, che deve pur sempre avere come priorità l'unità della Chiesa e dei cristiani. [CONTINUA]
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