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12 settembre 2024

Leone d’oro a Venezia all’omicidio del consenziente

 


"Viviamo in un contesto dove l’emozione si mangia la ragione e, dunque, la menzogna si mangia la verità". 

Fabio Fuiano (Corrispondenza Romana) - In occasione della Mostra del Cinema di Venezia di quest’anno, è stato presentato un nuovo film del regista spagnolo Pedro Almodóvar, il primo in lingua inglese, intitolato The Room Next Door. La pellicola è incentrata sul tema dell’eutanasia e Almodóvar, in conferenza stampa, ha affermato: «Questo film è a favore dell’eutanasia. È qualcosa che ammiriamo nel personaggio di Tilda, che decide che per sbarazzarsi del cancro è necessario prendere la decisione che prende. Trova un modo per raggiungere il suo obiettivo con l’aiuto della sua amica, ma devono comportarsi come se fossero dei criminali». Applausi scroscianti nella sala della conferenza stampa. Il regista ha continuato dicendo: «In Spagna abbiamo una legge sull’eutanasia. Dovrebbe essere possibile in tutto il mondo. Dovrebbe essere regolamentata e il medico dovrebbe essere autorizzato ad aiutare il suo paziente». Superfluo dire che, a vincere il Leone d’oro, è stato proprio Almodóvar.

Non è una novità che il cinema venga utilizzato per veicolare messaggi del genere e, in effetti, si tratta di uno strumento molto potente perché certe idee permeino il substrato culturale di un popolo, soprattutto quando il messaggio è ad altissimo contenuto emotivo. Ma sta proprio qui il problema: viviamo in un contesto dove l’emozione si mangia la ragione e, dunque, la menzogna si mangia la verità. L’occasione dell’uscita di questo film dà modo di riflettere sul tema in maniera seria cercando di mantenere, come coordinate di riferimento, i principi morali della Legge naturale.

Anzitutto, sembra utile definire in modo chiaro i termini della questione in quanto spesso, quando si parla di un determinato argomento, il favore o lo sfavore si fondano per lo più sull’idea soggettiva che ci si è fatti del medesimo e non sulla sua realtà oggettiva. L’eutanasia non sfugge da tale dinamica. Il favore delle persone per tale pratica è dettato dall’idea soggettiva che essa sia semplicemente una legittima risposta da dare ad una altrettanto legittima richiesta di un paziente in condizioni che egli reputa insopportabili. La si vede come l’estrema espressione di autodeterminazione dell’individuo e, quindi, a giusto titolo denominata “buona morte”. Tutto ciò, occultando la vera natura dell’eutanasia, ovvero che essa altro non è che l’omicidio del consenziente. [CONTINUA]


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