AciAfrica - L'arcivescovo di Bamenda, arcidiocesi del Camerun, ha criticato l'affermazione secondo cui la Chiesa in Africa è influenzata dalla cultura solo quando prende posizione su temi controversi, in particolare quelli sollevati nel Sinodo pluriennale sulla sinodalità in corso, che Papa Francesco ha esteso fino al 2024, con la prima fase, dal 4 al 29 ottobre 2023, conclusasi con un rapporto di sintesi di 42 pagine.
Secondo l'arcivescovo Andrew Nkea Fuanya, il "veemente no" dell'Africa a temi scottanti come la sensibilizzazione su lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer/questioning (LGBTQ) e l'ordinazione di diaconi donne è emersa dalla Scrittura e dagli insegnamenti del Chiesa cattolica, e “non puramente” la cultura del continente, che secondo lui è stata definita “inferiore”.
Nella sua presentazione alla sessione del 23 agosto dei discorsi sinodali settimanali in corso, l'arcivescovo Nkea ha ricordato gli incontri che i delegati dell'Africa al Sinodo sulla sinodalità hanno tenuto prima della prima sessione del Sinodo in cui - ha riferito - i partecipanti hanno parlato all'unanimità riguardo agli argomenti che avevano scelto dall'Instrumentum Laboris (il documento di lavoro del Sinodo).
“Quando siamo andati al Sinodo era chiaro che l’Africa doveva assumersi la responsabilità del proprio destino. Sapevamo che dovevamo far sentire la nostra voce nella prima fase del Sinodo”, ha detto Mons. Nkea, aggiungendo che nel far sentire la voce dell’Africa, i delegati hanno chiarito che il continente “non sta parlando puramente a partire da un contesto culturale” [CONTINUA].
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