31 agosto 2024

Lettera di Papa Francesco sulla letteratura e formazione. Un commento


Miguel Cuartero (Korazym) – Precluso ormai il fresco di Castel Gandolfo, nel caldo, nella noia e nella solitudine estiva di un agosto romano (che diranno “il più caldo della storia dell’umanità”), Papa Francesco ha pubblicato una lettera indirizzata a tutti seminaristi sull’importanza di leggere romanzi durante il periodo di formazione.

Subito, nel primo paragrafo, spiega però che ciò vuol dire ai seminaristi vale anche per tutti i Cristiani. Ecco dunque la Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione (17 luglio 2024) indirizzata ai seminaristi ma anche ai formatori e a tutti i Cristiani, pubblicata in otto lingue sul sito del Vaticano.

Il Papa afferma che per entrare in dialogo con la cultura contemporanea bisogna darsi alla letteratura. Non basta infatti imparare un Cristianesimo “lontano” dalla gente, ma bisogna toccare dalla carne degli uomini e delle donne. In questo senso, spiega il Sommo Pontefice, la letteratura avvicina i Cristiani alla verità sull’uomo, al “cuore della cultura” e al “cuore dell’essere umano”, salvandoli dalle letture astratte lontane anni luce dal mondo.

Facile immaginare un riferimento alla teologia che da tanti anni, durante questo pontificato, è stata più volte additata come una scienza astratta e – a loro volta – i teologi come topi da biblioteca, chiusi nei loro freddi ragionamenti rarefatti.

Dunque più romanzi (vecchi o nuovi, fa lo stesso) e meno teorie; più letteratura e meno teologia; più narrazioni e meno dogmatica. Il Papa ricorda quando ai suoi studenti che dovevano leggere El Cid (poema epico classico della letteratura spagnola) lasciò leggere Garcia Lorca, che gli studenti preferivano ed a loro più congeniale. A volte un romanzo è anche un buon sostituto alla preghiera, afferma il Pontefice, quando questa riesce difficile a causa di una crisi o una pesantezza d’animo.

Nulla da dire sull’invito a riscoprire e rileggere i classici della letteratura. Questa è un’inevitabile ricchezza a cui pochi, purtroppo, riescono ad attingere. Ciò che mi lascia perplesso è che nel contesto attuale, nell’ambiente culturale in cui siamo immersi, il Sommo Pontefice si scomodi per chiedere, quasi implorando, ai seminaristi di rivolgersi ai romanzi per diventare più umani, più creativi, acquisire un vocabolario più ampio e combattere la corrosione celebrale.


Il contesto culturale attuale si configura infatti a mio avviso come una guerra, una guerra culturale, in cui il Cristianesimo (non “le religioni”, ma il Cristianesimo) viene costantemente attaccato e deriso da una ideologia sempre più pervasiva. I giochi olimpici di Parigi sono stati un esempio lampante, al punto da provocare le proteste di una parte del mondo politico, ma soprattutto dalla gente comune, dal mondo laico e da rappresentanti e leader di altre religioni per invocare il rispetto dei cristiani e dei nostri valori (Susanna Tamaro ha definito il rito di apertura dei giochi “il funerale dell’etica”). C’è da dire che Francesco non si è pronunciato, mentre la Santa Sede si è espresso con molto ritardo con una breve nota

Insomma, il contesto che viviamo è ormai palesemente ostile ai Cristiani. Il futuro non sembra roseo. Siamo preparati per questo? Lo sono i nostri pastori? Lo saranno i futuri pastori? La preoccupazione è molta e anche la stanchezza di dover sopportare tutto o sentirsi continuamente etichettare come retrogradi o complottisti [CONTINUA]

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