Era ancora per molti di noi fortissima l’immagine del Pontefice polacco, che all’aeroporto di Managua, furente, alzava il dito contro quell’Ernesto Cardenal, tra i padri della teologia della liberazione, inginocchiato davanti al Vicario di Cristo ed in attesa di una Sua benedizione.
Erano i tempi in cui era necessario “mettere in sicurezza” la dottrina cattolica, e per questo fu chiamato al timone dell’ex Sant’Uffizio, l’ostico Cardinale Joseph Ratzinger, il vero ispiratore delle due istruzioni Libertatis nuntius (1984) e Libertatis conscientia (1986), che assestarono il colpo finale alla teologia della liberazione, ponendola fuori dall’ortodossia Cattolica. I Gesuiti pagavano la contiguità, soprattutto in sudamerica, con la teologia della liberazione; dopo secoli ad essere trattati come “il braccio armato del Papa”, venivano, per la prima volta vissuti con sospetto.
Questo loro essere stati un po' marginalizzati nell’ultimo quarto di secolo, ha avuto due effetti confliggenti tra di loro: il primo ha visto di molto sfumato il “potere nero” (come veniva chiamato quello dei Gesuiti) in Vaticano; il secondo, ha reso la loro immagine, meno arcigna, più umana, e questo ha consentito che cadessero tutta una serie di pregiudizi ai loro danni.
A partire da quello dell’elezione del Papa! Mai, si era detto, un Gesuita Papa. Sommerebbe un potere enorme. E così era stato per secoli. Per usare un paragone prosaico, come in Italia, per paura di un colpo di stato, per trent’anni il comandante dell’arma dei carabinieri, non era mai stato un carabiniere: “troppo addentro alle cose, troppo conoscitore di tutte le dinamiche, troppo vicino a una struttura potente” così si diceva. [CONTINUA]
Nessun commento:
Posta un commento
Il tuo commento