Giuseppe Muolo (Avvenire) - Don Alvaro Granados, 60 anni, malato da sei, celebra Messa nella parrocchia romana di San Josemaría Escrivá, quartiere Ardeatino, fa direzione spirituale, confessa. E su Youtube spiega il Vangelo.
La malattia l’ha costretto a rinunciare all’insegnamento alla Pontificia Università della Santa Croce. Ma in una parrocchia romana ascolta chi cerca una guida. E sta diventando un riferimento per gli ammalati Appena varcata la soglia della parrocchia di San Josemaría Escrivá, quartiere Ardeatino di Roma, si viene subito immersi nella luce che dalle grandi finestre della chiesa irrompe nell’unica navata. La stessa luce che si percepisce negli occhi di una signora che si è appena confessata da don Alvaro Granados.
Sono le 10.30 di un venerdì mattina e il sacerdote spagnolo, nonostante sia malato di Sla da sei anni, non rinuncia al suo ministero. Dopo aver concelebrato la Messa nella cappella feriale, si dedica nel suo studio alle visite di amici e parrocchiani, così come fa tutti i giorni. Un’ora e mezza al mattino e un’ora e mezza al pomeriggio. Alle sue spalle c’è il quadro di un vicolo di paese, un dono che proprio qualche giorno fa alcuni di loro gli hanno portato. «Mi fanno sentire vivo e ben voluto – dice don Alvaro –. A volte vengono per confessarsi, mi parlano dei loro problemi spirituali e familiari.
A volte invece vengono solo per un saluto e per portarmi un piccolo regalo. Sono molto contenti di vedermi, ma sono io quello che riceve più benefici da questi incontri, così come dalla vicinanza dei miei familiari e dei sacerdoti. Credo che ogni malattia si possa vivere bene solo se si è circondati di persone che non ti fanno sentire un peso. Che ti dimostrano il loro amore». E il pensiero del sacerdote va anche agli operatori sanitari che lo curano quotidianamente. [CONTINUA]
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