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28 febbraio 2024

Vaticano, la lotta contro gli abusi arranca, lo testimoniano casi emblematici in Africa e Polonia


 Franca Giansoldati (Il Messaggero) - Se non è un fallimento, poco ci manca. La rigorosa tolleranza zero verso gli abusi sessuali sembra non funzionare ovunque: non c'è, infatti, solo la gestione opaca e sconvolgente del caso di padre Marko Rupnik (il gesuita cacciato dai Gesuiti per abusi sessuali su diverse suore ma ancora sacerdote e mai punito dal Vaticano). A cinque anni dal famoso summit di tutti gli episcopati del mondo voluto dal Papa per dare una svolta definitiva ad un atteggiamento omertoso, teso a insabbiare e poco attento alle vittime, altri due casi emblematici sembrano fare capire quanto sia ancora lontana una mentalità nuova basata sulla responsabilità, la giustizia e la trasparenza contenuta nei principi di tanti documenti.

Risuonano ancora le parole di Valentina Alazraki, la famosa giornalista messicana invitata al summit nel 2019 in Vaticano a parlare davanti a 114 conferenze episcopali: «Quante volte mi è toccato ascoltare che lo scandalo degli abusi è colpa della stampa, che è un complotto di certi mass media per screditare la Chiesa, che dietro ci sono poteri occulti, per mettere fine a questa istituzione. Noi abbiamo scelto da quale parte stare. Voi, lo avete fatto davvero, o solo a parole? Se siete contro quanti commettono abusi o li coprono, allora stiamo dalla stessa parte. Vi aiuteremo a trovare le mele marce e a vincere le resistenze per allontanarle da quelle sane. Ma se voi non vi decidete in modo radicale di stare dalla parte dei bambini, delle mamme, delle famiglie, della società civile, avete ragione ad avere paura di noi, perché noi giornalisti, che vogliamo il bene comune, saremo i vostri peggiori nemici».

Nel frattempo due casi singolari e importanti fanno capire che la mentalità del passato tesa a insabbiare, minimizzare e nascondere in tante zone prevale ancora. [CONTINUA]

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