La seconda gioia era vedere, sentire, quei ragazzi. Lo hanno detto in tanti, e non ha molto senso ripeterlo. Ma dopo decenni di elogi della peggio gioventù, vedi finalmente qualcosa che evoca la meglio gioventù. Certo i migliori giovani non stavano solo qui, per fortuna o grazie a Dio, sono sparsi altrove, ma ci sono. Però vederli qui in tanti, insieme, accomunati da un desiderio di fede, da una volontà di cose grandi, per dirla col Papa Leone XIV, è un bene incalcolabile. Da troppo tempo lo spettacolo è inverso: vedi raramente giovani sfilare insieme e quando succede il più delle volte sono masse arrabbiate, urlanti, carnevalesche, istupidite da slogan e modelli di vita.
E ti consoli dicendo che non tutti sono così, ci sono altri che in disparte, da soli, studiano, lavorano, amano, si comportano in modo diverso. Con il Giubileo dei giovani vedi per la prima volta dopo un po’ di tempo una folla di giovani e non solo singoli individui che non vogliono diventare le protesi dei loro smartphone, che non vivono del solito gergo e delle quattro minchiate prefabbricate che fanno loro ripetere. [CONTINUA]
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