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14 gennaio 2025

Rapporti tesi tra cattolici ed ebrei. Due lettere.


Giuseppe Rusconi (Rossoporpora.org) - Venerdì 17 gennaio 2025, per la 36ma volta, sarà celebrata la giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. A Roma il giorno prima, con inizio alle 17, la Lateranense ospiterà una riflessione corale cui parteciperanno tra gli altri il rabbino capo di Roma Riccardi Di Segni, l’ex-presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello e il vescovo Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione della Cei per l’ecumenismo e il dialogo.

Purtroppo l’occasione di incontro ufficiale è accompagnata quest’anno da turbolenze di dimensioni non certo trascurabili che rimandano a tensioni nei rapporti bilaterali sconosciute negli ultimi decenni. Una situazione spiacevole, oltre che dolorosa, originata in particolare dall’attacco feroce e sanguinario di Hamas del 7 ottobre 2023 (con l’uccisione di circa 1200 tra civili e militari israeliani e la presa in ostaggio di altri 250) e dalla susseguente spietata reazione (con decine di migliaia di morti civili) nella Striscia di Gaza, mentre contemporaneamente nella Cisgiordania occupata la vita quotidiana dei palestinesi era resa sempre più difficile.

Il fatto è che, tenuto dapprima un po’ sottotraccia (salvo interventi estemporanei dell’ambasciata di Israele presso la Santa Sede), è ormai esploso il malumore di parti non irrilevanti del mondo ebraico mondiale per quello che è ritenuto un comportamento inaccettabile di papa Francesco e di altri alti esponenti vaticani nella valutazione pubblica (il sospetto è che quella privata sia ancora peggiore) del conflitto in Terrasanta. A papa Francesco e ad alcuni suoi collaboratori si rimproverano un’asserita equidistanza tra Israele e Hamas (per alcuni addirittura l’ “equidistanza” maschererebbe una profonda antipatia verso Israele e una conseguente viva simpatia per le istanze palestinesi).


Comprendiamo le prese di posizione provenienti dal mondo ebraico, siamo consapevoli che Israele ha sempre dovuto lottare per assicurare il proprio diritto all’esistenza e che i petrolieri arabi hanno sempre preferito tenere accesa la fiamma del risentimento palestinese piuttosto che risolvere i problemi vitali di milioni di profughi. Tuttavia tali prese di posizione ci sembrano oggettivamente ingenerose verso papa Francesco e alcuni suoi collaboratori: Jorge Mario Bergoglio ha sempre condannato la violenza e la guerra, da qualsiasi parte vengano (Il discorso vale anche per Ucraina e Russia). Ma non poteva ignorare che, oltre agli israeliani, anche i palestinesi sono figli di Dio… e non di un dio minore. Perciò Francesco non poteva non levare alta la sua voce anche contro chi, magari sperimentando nuove armi letali guidate dall’intelligenza artificiale, distrugge ospedali, scuole, case piene di esseri umani allo scopo di eliminare il terrorista che vi si nasconde. Contro chi fa esplodere cellulari e radioline portatili a migliaia contemporaneamente, senza curarsi di coinvolgere nella caccia ai guerriglieri anche familiari e amici che ne erano al momento in possesso. Un Papa non può dividere il mondo in figli e figliastri e dunque deve denunciare le sofferenze di tutti, non solo da chi si trova dalla parte ‘giusta’ di una storia non prova di orrori prodotti da contendenti diversi. [CONTINUA]

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