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21 marzo 2024

Comunicazione. Il Papa media friendly


Matteo Matzuzzi (Il Foglio) - Il saltare a piè pari ogni mediazione o filtro comunicativo fa sì che le parole di Francesco spesso non siano contestualizzate, che concetti inseriti in particolari momenti – un Angelus o un'udienza generale – diventino slogan per piattaforme social, snaturando in non pochi casi le sue reali intenzioni. Niente filtri o intermediari: la comunicazione la gestisce direttamente Francesco. Una strategia vincente fino a quando dipende da lui. Basta un Putin qualunque a scardinare tutto

A Papa Francesco è rimasto impresso (in negativo) il tramonto del pontificato wojtylano. Giovanni Paolo II malato, quasi incapace di parlare, tremante e sofferente. Scortato da fidati curiali che ne curavano agenda, comunicazione e perfino gli atti di governo (celebre è la lista delle nomine pubblicate poche ore prima della morte). Non sopporta i troppi legacci che il Palazzo impone, è guardingo rispetto a chi frequenta le sue stanze, cambia segretari a ritmo regolare, non ha filtri. 

La comunicazione se la gestisce lui – e pazienza per i media vaticani, rivoluzionati con la creazione del dicastero per la Comunicazione che ha messo insieme tra gli altri il Centro televisivo, l’Osservatore Romano e la Radio Vaticana –, riceve chi vuole lui e di rado informa qualcuno, parla con chi vuole lui. E telefona lui, senza aiutanti di camera, centralinisti, officiali a questo deputati. 

Faceva così anche a Buenos Aires, dove aveva un’agenda su cui segnava nomi, numeri telefonici e impressioni sul titolare di tale numero. Non ha voluto un suo Joaquín Navarro Valls, un portavoce-interprete: basta lui. 

E quanto a comunicazione, Francesco non ha rivali. Frasi a effetto, dubbi seminati laddove voleva seminarli lasciando la platea disorientata, definizioni secche che per un certo mainstream mediatico sembrano smentire l’immagine del Pontefice liberal (“il gender sbaglio della mente umana” cozza assai con il genderismo à la page). 

Ha funzionato, perché il Pontefice argentino ha dettato per anni l’agenda, costringendo curia, vescovi e media di tutto il mondo a inseguirlo e interpretarlo. E lui apriva le porte del suo appartamento a Santa Marta, prima e per anni a Eugenio Scalfari, al quale confidava che i cardinali andavano bastonati e proponeva letture escatologiche stravaganti – naturalmente nella ricostruzione scalfariana fin quando possibile smentita dall’allora portavoce Federico Lombardi –, poi a preti cool, quindi a giornalisti fidatissimi e interpreti della sua volontà. [CONTINUA]

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